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Ho sempre desiderato trascorrere il Carnevale a Venezia ed in occasione del mio compleanno mi sono regalata un fantastico weekend nella laguna!
Scontato dire che Venezia sia una città unica e magica: una macchina del tempo vivente grazie alla quale poter rivivere secoli e secoli di storia! Chi mi conosce sa quanto ami la storia. Infatti mi sono sentita a casa, cullata dal rumore dell’acqua dei canali mossa dal passare delle imbarcazioni, dal vociare dialettale dei gondolieri e dai gabbiani che ti svegliano al mattino. Aprire la finestra al risveglio e vedere questo scorcio di città non ha prezzo!
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Pochi giorni non bastano per visitare bene questa città e, come dice mia cugina Laura che ci ha vissuto, forse nemmeno un anno!
In questi giorni ho però capito che mia cugina aveva ragione: giorno dopo giorno impari ad amarla e vorresti per un po’ fermarti e vivere il suo tempo! Sì, il Tempo a Barcellona è diverso, soprattutto da quello di Milano. Non mi riferisco solo al tempo meteorologico (a gennaio fa sicuramente più caldo che nel nord Italia, ma non esagerate con l’abbigliamento leggero perché il vento può essere molto freddo!), ma allo scorrere dei minuti, alle giornate interminabili, alla città che si sveglia tardi e tardi va a coricarsi, al passato che si mischia con naturalezza nel presente e al futuro presente già nel passato.
Basta visitare Casa Batlló per notare come già nei primi del Novecento l’ingegnoso architetto Antoni Gaudì riuscì a concepire un’abitazione quasi futuristica per l’epoca, originale e allo stesso tempo funzionale.
Il biglietto per entrare costa un po’, ma ne vale assolutamente la pena perché la visita, con audio e video guida correlata, è ben fatta e vi permetterà di entrare in una realtà sognante e stupefacente, un viaggio tra Ventimila leghe sotto i mari e le leggende medioevali! Continua a leggere
Categoria: Cultural, Emotional, Kitchen, My Stories, TravelTag: Barcellona, Casa Batllò, Catalogna, Cristoforo Colombo, Draghi, Epifania, Food, Gaudì, La Boqueria, Mercat de Sant Josep, Modernismo, Modernisti, Plaça de la Boqueria, Port Vell, Re Magi, Sagrada Famiglia, Spagna, street food, tapas, Tortell de Reis, turista, viaggi
Avevo letto questo discorso anni fa e rimasi colpita da queste parole e dal fatto che a scriverle non fu un monaco, uno scrittore o un saggio antico, ma un artista: Charlie Chaplin! Certo, un ARTISTA favoloso! Comunque un uomo che, in occasione del suo settantesimo compleanno, scrisse questo discorso. Sembra un testamento morale e un regalo ai più giovani per riuscire a cogliere prima queste verità.
Recentemente questo brano è ricomparso nella mia vita e come avviene in questi casi, dopo anni, riesco a comprendere meglio il senso di queste parole. Per questo motivo lo voglio condividere con voi, senza riflessioni personali, senza note o valutazioni, ma semplicemente come una storia, la storia dell’anima di un uomo!
Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
mi sono reso conto che la sofferenza e il dolore emozionali sono solo un avvertimento
che mi dice di non vivere contro la mia verità.
Oggi so che questo si chiama AUTENTICITA’.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
ho capito com’è imbarazzante aver voluto imporre a qualcuno i miei desideri,
pur sapendo che i tempi non erano maturi e la persona non era pronta,
anche se quella persona ero io.
Oggi so che questo si chiama RISPETTO PER SE STESSI.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
ho smesso di desiderare un’altra vita e mi sono accorto
che tutto ciò che mi circonda è un invito a crescere.
Oggi so che questo si chiama MATURITA’
Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
ho capito di trovarmi sempre ed in ogni occasione al posto giusto nel momento giusto
e che tutto quello che succede va bene.
Da allora ho potuto stare tranquillo.
Oggi so che questo si chiama STARE IN PACE CON SE STESSI.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
ho smesso di privarmi del mio tempo libero
e di concepire progetti grandiosi per il futuro.
Oggi faccio solo ciò che mi procura gioia e divertimento,
ciò che amo e che mi fa ridere, a modo mio e con i miei ritmi.
Oggi so che questo si chiama SINCERITA’.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
mi sono liberato da tutto ciò che non mi faceva del bene:
cibi, persone, cose, situazioni
e da tutto ciò che mi tirava verso il basso, allontanandomi da me stesso;
all’inizio lo chiamavo “sano egoismo”,
ma oggi so che questo è AMORE DI SE’.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
ho smesso di voler avere sempre ragione.
E cosi ho commesso meno errori.
Oggi mi sono reso conto che questo si chiama SEMPLICITA’.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
mi sono rifiutato di vivere nel passato e di preoccuparmi del mio futuro.
Ora vivo di più nel momento presente, in cui tutto ha luogo.
E’ la mia condizione di vita quotidiana e la chiamo PERFEZIONE.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
mi sono reso conto che il mio pensiero può rendermi miserabile e malato.
Ma quando ho chiamato a raccolta le energie del mio cuore,
l’intelletto è diventato un compagno importante.
Oggi a questa unione do il nome di SAGGEZZA DEL CUORE.
Non dobbiamo continuare a temere i contrasti,
i conflitti e i problemi con noi stessi e con gli altri
perché perfino le stelle, a volte, si scontrano fra loro
dando origine a nuovi mondi.
Oggi so che tutto QUESTA E’ LA VITA!
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“Secondo me in una vita passata sei morta svenendo a Versailles!”
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“Quest’anno vengo a vederti, lo prometto!”
Per il secondo anno di fila mia cugina Alessandra è in scena al Teatro Greco di Siracusa. Per lei un sogno che si realizza! Siamo cresciute come sorelle ed abbiamo sempre condiviso la passione per il teatro e la recitazione. Lo scorso anno non sono riuscita ad organizzarmi, ma quest’anno non potevo mancare! Alessandra canta un suo brano in greco in uno spettacolo con la regia di Moni Ovadia!! E poi le promesse vanno mantenute! Quindi con altri parenti sono partita alla volta di Siracusa. Continua a leggere
«Militare?».
«Sì, soldato! Un bel mestiere, con cui fino a cinquant’anni fa si viveva con onore!».
«O si moriva, con ancor più grande onore».
Così discutono i protagonisti del libro di Jules Verne “Le meraviglie di Parigi” scritto nel 1863, ma ambientato nel futuristico 1960. Un futuro senza più eserciti o guerre. Purtroppo questa visione di Verne non si è realizzata, le guerre ancora esistono, gli eserciti e i militari ancora esistono. Quando alla mostra di Robert Capa ho visto questa foto ho pensato: “Che differenza c’è tra questo soldato del 1943 e uno del 2015? Nessuna!” Stessa solitudine, stessa sofferenza e condizione. Continua a leggere
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Questa è la storia di una gatta dal pelo grigio e dagli occhi verde acqua.
Mi trovavo in vacanza in Puglia la scorsa estate quando, tramite messaggi, mio fratello Giovanni mi annuncia: “Quando torni a casa ci sarà una novità in famiglia!” Mi invia una foto e subito rispondo: “Un gatto? Bellissimo, ma da dove arriva?” “È una gatta e mi sa che è anche in dolce attesa! Gira da tempo in zona e si ferma spesso nel nostro giardino per trovare ristoro. Nonostante abbia il collare e sempre qui. Io mi sono innamorato dei suoi occhioni e le do sempre da mangiare anche se papà non vuole. Quando torni mi aiuti a darle un nome!” Premetto che mio padre e mia madre non sono mai stati amanti degli animali e che dopo la morte di Bico (il cane di famiglia) lo scorso anno, non erano intenzionati ad avere altri animali per casa avendo altre preoccupazioni familiari e dovendo badare a mia nonna ormai inferma. Ho pensato quindi che questa gatta non sarebbe rimasta a lungo, anche perché avendo un collare apparterrà sicuramente a qualcuno che di ritorno dalle ferie la rivorrà a casa.
Confesso che la curiosità di vedere questa gatta c’era e tornata dalle ferie mi catapultai a casa dei miei, la vidi e me ne innamorai subito! I suoi occhi ipnotici, il suo pelo grigio lucido e morbido con sfumature tigrate e l’eleganza dei suoi movimenti mi hanno catturata! Io sono sempre stata attratta dai cani più che dai gatti, ma la bellezza di questo esemplare felino mi ha incantata.
La ragione però prese il sopravvento: “ Giò, sei sicuro non sia di qualche vicino? Magari la stanno cercando?” Il sospetto che fosse stata abbandonata covava in noi, ma prima di darle un nome e tenerla in casa era giusto assicurarsi che non fosse di qualche altra famiglia. Intanto la sua pancia si gonfiava sempre di più e la sua voglia di coccole anche. Così mio fratello la proteggeva ed ospitava in camera sua la notte. Dopo un mese nessuna rivendicazione né una risposta affermativa da parte dei vicini interpellati. Può una gatta incinta andarsene dalla propria casa? Ma soprattutto come si può abbandonare una gatta nelle sue condizioni? Scoprimmo infatti che nel piccolo capanno in giardino avevano trovato riparo da mesi anche dei giovani gatti, probabilmente di una precedente cucciolata della stessa gatta. Quindi capimmo che ormai da molti mesi questa micia non aveva una fissa dimora. Decidemmo a questo punto di adottarla! “Che ne dici di chiamarla Dorothy?” proposi a mio fratello. Non ci furono obiezioni ed ufficialmente questo diventò il suo nome, anche se continuiamo tutti a chiamarla teneramente Micia!
Una mattina di agosto ecco il lieto evento! Vennero alla luce, sotto gli occhi attenti e le cure premurose di mio fratello, quattro esserini pelosi adorabili!
Io e Giò eravamo eccitatissimi ed innamorati!
I miei genitori un po’ meno, ma con il tempo il loro lato più burbero non poté che essere addolcito dalla loro tenerezza e via via che crescevano dalla vivacità di questi cucciolini! Arrivò in casa una sferzata di vitalità inaspettata! Io non vedevo l’ora che arrivasse domenica per tornare a casa dei miei e gustarmi questi cuccioli che crescevano a vista d’occhio. Restavo ore a guardare Dorothy prendersi cura di loro con quell’amore materno istintivo e protettivo, la coccolavo e le facevo compagnia dandole il cambio ad osservare i cucciolini quando usciva in giardino a sgranchirsi. I micetti, nonostante gli occhi ancora chiusi, lottavano per accaparrarsi il posto migliore ai capezzoli della mamma e poi stremati dall’overdose di latte si abbandonavano a memorabili dormite.
A volte sembrava avessero comportamenti e movimenti simili a quelli dei nostri neonati!
Col passare delle settimane i cucciolini aprirono gli occhi e cominciarono a zampettare anche fuori dalla cuccia: era stupendo vederli esplorare il territorio ognuno in modo diverso, da quello più timido ed impacciato, al tigrotto vivace e curioso! Spesso stavano accoppiati nel gioco e nei riposini: i due neri e i due rossi.
Li amavamo tutti, persino mia madre (non amante degli animali) li controllava in continuazione chiamandoli “bimbi”! Però tutti non potevamo tenerli, da zero a cinque gatti in un colpo solo era un po’ troppo! Così cominciammo a trovare una sistemazione idonea per loro. Amici e parenti premevano perché almeno uno lo prendessi io a Milano e l’idea di averli con me ad accogliermi a casa rientrando dal lavoro cominciava ad essere forte. Li guardavo giocare a coppie di fratelli e mi chiedevo se fosse veramente giusto dividerli e tenerli nel piccolo appartamento milanese, da soli per molte ore al giorno e con una padrona sempre occupata ed in giro anche il weekend. “Prendilo un gatto. Anche due! Si fanno compagnia e poi sono autonomi. Così ti sentirai meno sola a casa dopo il lavoro!”
So che il consiglio era buono e che è vero che i gatti sono meno impegnativi di una cane, ma sarà che sono cresciuta in collina e nel verde, sarà che sono una ragazza di provincia e non di città, ma vedere degli animali nel loro habitat naturale, vederli correre nel prato o salire sugli alberi, cacciare lucertole e topi mi da un senso di serenità e mi sembra una condizione più giusta per loro. Alla fine mi convinsi: “Ok! Se nessuno li prende almeno uno lo terrò! Lascio fare al destino.” E il destino scelse nel modo migliore, magari non per me o per la mia famiglia, ma per i gattini sicuramente: i due scuri vennero adottati da mia cugina e il suo compagno e i due tigrati da un’amica con una bimba che li adora e li considera dei fratellini! Hanno il loro spazio e sono stati accolti da persone valide, responsabili, che li adorano e si possono prendere cura di loro molto meglio di me con gli orari di lavoro sballati che ho! Soprattutto non sono soli e stando con un fratellino hanno sentito meno il distacco dalla mamma. È stato difficile vederli andare via e non nascondo che alla loro partenza abbiamo sentito un vuoto enorme in casa.
Per fortuna con i miei è rimasta Dorothy: la principessa di casa! Dopo la sterilizzazione non è più stata coccolosa come prima e ha mostrato il suo bel caratterino! Si fa accarezzare solo quando vuole lei, mangia solo certi cibi ed è molto autonoma, ma quando è tranquilla si lascia andare alle coccole più sfrenate e riesce ancora a farsi voler bene.
Anzi, devo proprio ricredermi sui gatti: è vero che non hanno con gli umani il rapporto di fedeltà indiscussa dei cani, ma sono enigmatici e magici e riescono a stupirti quando meno te lo aspetti! Per esempio quando mio fratello è rimasto a letto una settimana con l’influenza e la febbre alta Dorothy è rimasta al suo capezzale notte e giorno, rannicchiata in fondo al letto come a vegliare su di lui fino alla guarigione per ripagarlo delle attenzioni avute da lui durante la sua gravidanza. Ma la magia più grande che questa micia è riuscita a fare è l’incantesimo sui miei genitori: i toni dolci e le carezze che riceve da loro non le ho mai viste, nemmeno nei confronti di noi figli! Riesce a far affiorare la dolcezza nascosta sotto la loro dura corazza come nessuno è riuscito fino ad ora!
Una storia a lieto fine direi! Anzi… to be continued!
Cri
«O animal grazioso e benigno
che visitando vai per l’aere perso
noi che tignemmo il mondo di sanguigno,
se fosse amico il re de l’universo,
noi pregheremmo lui de la tua pace,
poi c’hai pietà del nostro mal perverso.
Di quel che udire e che parlar vi piace,
noi udiremo e parleremo a voi,
mentre che ‘l vento, come fa, ci tace.
Siede la terra dove nata fui
su la marina dove ‘l Po discende
per aver pace co’ seguaci sui.
Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e ‘l modo ancor m’offende.
Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona.
Amor condusse noi ad una morte:
Caina attende chi a vita ci spense».
Queste parole da lor ci fuor porte.
Quand’io intesi quell’anime offense,
china’ il viso e tanto il tenni basso,
fin che ‘l poeta mi disse: «Che pense?».
Quando rispuosi, cominciai: «Oh lasso,
quanti dolci pensier, quanto disio
menò costoro al doloroso passo!».
Poi mi rivolsi a loro e parla’ io,
e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri
a lagrimar mi fanno tristo e pio.
Ma dimmi: al tempo d’i dolci sospiri,
a che e come concedette Amore
che conosceste i dubbiosi disiri?».
E quella a me: «Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria; e ciò sa ‘l tuo dottore.
Ma s’a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.
Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso
esser baciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi baciò tutto tremante.
Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante».
Mentre che l’uno spirto questo disse,
l’altro piangea; sì che di pietade
io venni men così com’io morisse.
E caddi come corpo morto cade.
Questa è la storia da tutti conosciuta di Paolo e Francesca e del loro tragico amore. Solo un grande poeta come Dante è stato in grado di esprimere l’amore irrazionale e passionale che una donna è in grado di provare per il proprio amato, anche imprigionata a causa sua nell’Inferno. Nonostante i secoli trascorsi ancora questi versi riescono a colpire il nostro animo poiché l’anima è eterna e perciò ancora oggi può amare in egual misura ed un cuore sussultare di tali lampi di passione. Mi ha sempre affascinato questo brano della Divina Commedia per la sua forza ed intensità espressiva, per la bellezza dei versi, per la perfezione stilistica, ma solo ora capisco il motivo più profondo: questa è la storia di due anime tormentate per l’eternità a causa dell’amore passionale, quanto di più ha ispirato poeti ed artisti di tutto il mondo, ma soprattutto emozionato lettori e spettatori. Spesso si anela a questo amore travolgente e alienante e molte volte soffriamo a causa di un amore interrotto o impossibile. La domanda che ora mi pongo è: ma è questo il vero amore? Quest’inferno dantesco è la condizione dell’amore intenso e totalizzante? Ecco che un scespiriano dubbio s’insinua dunque: Amare o Non Amare? Soprattutto: che cosa è veramente l’AMORE?
Cri
Ho sempre amato la poesia, non in maniera totalizzante ed ossessiva, ma a tratti e con intensità. Da bambina e soprattutto da adolescente leggere, recitare ed anche scrivere poesie avevano su di me un potere catartico, erano l’apice di un crescendo emotivo o esistenziale e degli sfoghi prediletti dall’anima. Negli anni l’ho abbandonata e solo da poco tempo e grazie ad amici con l’amore per quest’arte, mi sono finalmente riavvicinata ai versi e alla lirica poetica.
Ho deciso di condividere con voi alcune delle poesie che amo di più o che mi hanno toccato il cuore. Questi versi sono stati scritti da una donna che non ha bisogno di presentazioni, una poetessa unica che con la sua scrittura resterà immortale. Ho scoperto tardi Alda Merini, ma è penetrata nel mio animo e nel mio vissuto personale e sentimentale come come un fulmine a ciel sereno che, cadendo a terra, ha scosso il mio spirito come un terremoto tremendo e doloroso, ma lasciando allo stesso tempo un’energia ed una elettricità che perdurano nel tempo. Questa poesia parla dell’addio: meglio mantenere anche solo un filo d’inconscia speranza e legame pur di avere cuore che batte ancora oppure dire addio per finalmente trovare serenità e sentirsi “abbandonata presso la mia mortale era di pace”? A voi la scelta e a voi la lettura!
Alda Merini
Cri'S'tories